2/7 maggio 2023 – Alteto, Barberino di Mugello
10/15 giugno 2023 – Cetona (SI)

L’ORTO DEL MONDO

UN LABORATORIO DI CINEMA DEL REALE SUL REALE VEGETALE

L’orto è la vita, in un ciclo di continua rinascita e morte, con i suoi strati di residui che nella vita sotterranea diventano terriccio che nutre la rinascita. L’orto è la vita come ciclo inarrestabile di creazione e rigenerazione. .

L’orto è una grande metafora della vita e dei processi creativi. Anche la nostra vita interiore ha bisogno di essere coltivata e lavorata, richiede semine, irrigazioni, cure continue e necessita di essere protetta, difesa da intrusioni indebite.

Gregory Bateson diceva che i più creativi si salvano “dall’essere spazzati via in un empito oceanico di sensazioni dalla loro capacità di concentrarsi sulle minuzie della vita”.

Queste minuzie, dettagli apparentemente mondani e privi di importanza, sono l’inizio di un lungo, pericoloso ed emozionante viaggio, costellato di orizzonti, attese, derive, desideri, approdi, sconfinamenti, albe e tramonti.

Vogliamo riunirci con voi in due luoghi di campagna – dalla Toscana appenninica al confine con l’Emilia, a quella collinare al confine con l’Umbria – per ideare e realizzare dei cortometraggi che mettano al centro i processi di vita vegetale, di cicli di morte e rinascita, non umani, collocando la figura umana in una posizione di non centralita’ rispetto al mondo circostante. Dove l’umano è parte di questo ciclo dove il seme deve morire per dare vita.

Vogliamo immergerci in luoghi selvaggi e naturali, tra gli Appennini e la Val di Chiana, dormire in tenda, cucinare insieme, lavorare nelle vigne e nell’orto, mentre lavoriamo ai vostri corti.

Laboratorio gestito da Giovanni Cioni, coadiuvato da Ludovica Fales, Saverio Damiani, Aline Hervé.

Giovanni Cioni è un cineasta della perdita di riferimenti. Lontano dalle abitudini, la sua cinepresa si fa esploratrice, trasformando in territorio ignoto l’ambiente che attraversa.
Il suo sguardo sconvolge i codici del documentario. Rimescola le piste della realtà e della finzione. Elabora nuovi spazi, nuove temporalità, da dove emergono umani che sembrano sorgere da un altrove impalpabile.
Nella sua impostazione, l’occhio costruisce una realtà, coglie il mondo senza certezze.
La sua impronta unica è fatta del marchio di un uomo in ricerca, e dello sguardo di un grande cineasta.” (Carlo Chatrian, Visions du Réel 2011)

L'orto del mondo
Orto del Mondo 2023

L’ORTO DEL MONDO. APRILE 2023. PROLOGO AL LABORATORIO
di Giovanni Cioni

Un laboratorio è una condivisione di un’esperienza di cinema. Conta l’esperienza che si fa. Il risultato può avere forma di una serie di variazioni, di spunti, di germogli di film in work in progress.
Conta l’esperienza, non il risultato. Non il discorso, né il racconto. Il racconto nasce dall’esperienza. Sempre arrivare ad essere stupiti da quel che nasce nei laboratori.
Pensare al suono come elemento narrativo di scoperta del reale, fin dall’inizio.
Nella condivisione ci sono le vostre domande.
Io posso condividere il mio fare e pensare cinema, il luogo che abito e la vita che faccio, di cui non ho mai parlato. Forse ho bisogno di voi per parlarne. Condividere l’orto e il mondo, l’orto del mondo.
In un certo senso questo laboratorio deve essere come un atelier aperto. Che mi offre l’occasione di ripensare e condividere un percorso. Un percorso basato su intuizioni. Io ho spesso lavorato su intuizioni senza sapere cosa volevo fare. Lo dovevo scoprire facendolo.
Vivo qui e mi piacerebbe vivere qui. Il presente e il possibile come due
dimensioni in movimento. Essere in vita, e dove.

1. IL REALE VEGETALE, LA VITA, IL LINGUAGGIO DEL CINEMA
Sul mio fare cinema, una cosa in particolare. Il dispositivo tramite il quale il film prende vita, germoglia, di vita propria. Questo è un legame con il lavoro contadino, che è il lavoro di dare vita, di creare vita, suscitare vita, generare e rigenerare – e ogni volta che un seme germoglia è un miracolo, ma tu lo devi predisporre. si tratta di sperimentare un linguaggio di cinema in analogia con il reale vegetale. Il suo divenire e trasformarsi continuo. Il divenire della vita, dalla vita alla morte alla decomposizine, al germoglio.
La vita in divenire.
Immaginare. Lavorare la terra è immaginare i suoi frutti, la crescita, lo spazio che prendono le piante, la forma che prendono gli alberi.

2. IMMAGINARE. DESCRIVERE. DESCRIVERE PER IMMAGINARE, IMMAGINARE PER DESCRIVERE
Vi propongo di elaborare insieme una serie di mappe.
Sono mappe come per una caccia al tesoro.
Mappe di spunti e di tracce. Sopralluoghi.
Bisogna lasciarsi ispirare dai percorsi. In una terra incognita gli spunti vengono, magari per associazioni di idee o di immagini. Non bisogna sapere cosa si vuole raccontare. Lo si scopre nel percorrere, fermarsi, respirare.
Inizieremo dunque da un sopralluogo per disegnarle.
Mappe rabdomantiche. la danza dell’acqua. Trovare l’acqua. Immaginare l’acqua.
Le mappe delle api. Le mappe dei colori. Le mappe dei fiori.
Le mappe dei venti. Il libeccio, la buriana.
Mappe dei suoni. L’autostrada la notte, gli uccelli all’alba. Le motoseghe. Le rane la sera.
Lupi, caprioli.
Le mappe dei terrazzamenti. Gli strati. I muri di sostegno che tengono i campi.
Le mappe delle tracce Gli orti scomparsi. Vecchie planimetrie e foto aeree.
Mappe di viaggi infiniti…
Immagini dell’invisibile, dell’apparizione, della visione.
L’immagine è un varco per altre immagini.
Un cippo di castagno è quel cippo, è la storia di quell’albero, e racconta la vita, il suo travaglio, la morte, la rinascita.
Un luogo è questo luogo e bisogna esserci, essere in questo luogo e essere altrove.
Iniziare dallo stare a guardare e ascoltare. Descrivere per immaginare. Immaginare per descrivere.

3. ESSERE IN VITA. DOVE
IL LAVORO DELLA TERRA. ABITARE IL MONDO
Lavorare la terra è immaginare concretamente quello di cui hai bisogno per vivere.
Arare la terra per immaginare quello che coltivi nello spazio arato.
Seminare e immaginare la crescita delle piante e il raccolto.
Potare è immaginare la forma della vite, dell’olivo, dell’albero da frutto, immaginare la luce di cui ha bisogno perché il frutto maturi.

4. IL CINEMA DELLA TERRA PER IMMAGINARE IL MONDO IN CUI ABITIAMO
Fare cinema per me è il rapporto con il mondo che abitiamo e con gli altri. Costruire questo rapporto attraverso il fare cinema. In un’epoca in cui il cinema non è più centrale (come sacralità dell’andare al cinema) ma è ubiquo, ovunque, dunque il fare cinema interroga e mette in causa il flusso ubiquo delle immagini. Il flusso ubiquo, il tempo reale sempre presente, i luoghi sempre altrove. Siamo nell’ubiquo dell’altrove, da nessuna parte, in un presente sospeso, e bisogna inventare il qui, ora, dove siamo e dove andiamo. Per me è questo il senso di fare cinema. Se ha senso.
Per abitare il mondo dobbiamo rompere lo schermo di questo flusso ubiquo, dei luoghi comuni indefiniti e claustrofobici. Inventare e sovvertire.
La logica della vita vegetale che rinasce di continuo, che non sradichi mai.
Il seme che non muore.